La neve iniziava a scendere sui tetti di Torino mentre le persone si preparavano a celebrare il Natale.
Nessuno sperava più che arrivasse la neve, figuriamoci la Vigilia di Natale ma, quell’anno, verso la notte del 20 dicembre, una perturbazione dalla Francia, aveva portato i primi fiocchi che avevano subito attecchito sulle strade secche e gelate.
In un appartamento tra via Cappel Verde e via XX settembre, una donna stava armeggiando con una nuova macchina fotografica digitale, mentre i suoi famigliari sistemavano gli ultimi addobbi per prepararsi ad accogliere gli ospiti per il pranzo di Natale.
Era sera, sul tavolo c’era ancora fette di pandoro e panettone che la famiglia aveva consumato a fine cena. La donna, che per quei giorni di festa aveva abbandonato la dieta perenne che l’accompagnava durante tutto l’anno, spiluccava ancora qualche fetta di panettone, immergendola nella squisita crema allo zabaione che sua madre aveva preparato.
Quella reflex digitale era stato un regalo di Natale fatto in anticipo dal padre. Maria Cristina, così si chiamava la ragazza, era felicissima di quel dono inaspettato anche perché stava ultimando gli studi universitari in Scienze della Comunicazione e la sua tesi di laurea sarebbe stata la produzione di un video documentario sui cambiamenti metropolitani di Torino. Quella reflex faceva proprio al caso suo.
In casa c’era anche la nonna che se ne stava silenziosa a pensare chissà a cosa, seduta su una calda poltrona dall’aspetto vintage, vicino al termosifone.
La nonna ormai ottantenne, aveva mandato avanti per una vita un negozio di alimentari in via XX settembre. Ormai da anni aveva smesso quell’attività, ma non perdeva occasione per raccontare qualche curioso aneddoto riguardo ai personaggi clienti del suo negozio, compresi i preti e le suore che percorrevano quella via per andare in Duomo.
Maria Cristina, finito il suo spuntino a base di panettone e crema, si appoggiò al tavolo per montare l’obiettivo della reflex continuando a studiare i pulsanti e le impostazioni della fotocamera. In particolare gli interessava la modalità video.
Mentre inseriva la memory card nella reflex, alzò lo sguardo verso la finestra e si accorse che fuori stava nevicando.
Dall’appartamento, posto all’ultimo piano, si godeva una vista magnifica sui tetti di Torino.
La ragazza corse verso la finestra, seguita dallo sguardo curioso della nonna, aprì i vetri e si trovò davanti a uno spettacolo meraviglioso: i fiocchi di neve stavano imbiancando tutta la città immersa nel buio della notte mentre le luci natalizie regalavano un caleidoscopio di colori e riflessi dalle tinte calde e vivaci.
Quale migliore occasione per provare la nuova reflex? Maria Cristina lasciando la finestra aperta, mentre la nonna borbottava perché entrava troppo freddo, inserì nella fotocamera la batteria, impostò la modalità video e tornò di fronte a quello spettacolo.
Puntò l’obiettivo sui tetti di Torino, cercò un punto di riferimento per la messa a fuoco e quando, attraverso il display orientabile della fotocamera, la città fu a fuoco, pigiò il pulsante Rec.
Dopo un breve segnale acustico la reflex iniziò la registrazione. La giovane era emozionata, stava girando un gran bel video. In assenza del cavalletto appoggiò la reflex sul davanzale per ottimizzare la ripresa. Poi riprese saldamente tra le mani la macchina fotografica e puntò l’obiettivo sulla strada dove pochi alcuni passanti con l’ombrello aperto tenevano il naso all’insù per godersi la neve che scendeva.
Mentre riprendeva Maria Cristina si accorse che sul display erano comparse per pochi secondi alcune ombre, probabilmente qualche fiocco di neve si era depositato sulla lente dell’obiettivo per poi sciogliersi.
La ragazza terminò il video e con impazienza si avvicinò al suo MacBook per scaricare e finalmente rivedere quelle riprese.
Si accorse che c’era qualcosa di strano verso il terzo minuto. In quel punto il video faceva vedere una decina di figure incappucciate in un lungo mantello scuro che, senza toccare terra, si dirigevano da via XX Settembre in direzione del Duomo.
Erano personaggi eterei, sembravano figure nebulose che svanivano dall’inquadratura dopo solo due secondi.
Maria Cristina era incuriosita ma anche spaventata. Chi erano? Perché gli altri passanti presenti nell’inquadratura non sembravano minimamente accorgersi di loro?
Stava per chiamare suo padre quando sentì una voce dietro le spalle:
“Sono gli spiriti dei monaci che vanno alla novena di Natale”, disse la nonna.
“Cosa significa nonna?”
L’anziana signora aveva capito che qualcosa non andava e di nascosto si era messa dietro alle spalle della nipote per curiosare sul monitor.
“Significa che a differenza di voi giovani che non credete più in queste cose, loro, gli spiriti, da secoli percorrono ancora quella strada per andare in Duomo a sentire la Novena. Sai quante volte, quando avevo il negozio di alimentari, li ho visti passare verso sera quei monaci incappucciati?”.
La Novena di Natale nacque a Torino. La prima si tenne in Duomo nel 1621 accanto all’attuale cappella della Sindone.
A celebrarla fu un padre teatino, Dionisio Dentice di Napoli, alla presenza della corte reale.
L’idea della Novena in Duomo si ebbe perché, negli anni precedenti c’era già stata una celebrazione molto simile, nella piccola cappella di di Santa Maria del Presepe in piazza Castello, nel punto in cui sorse la chiesa del Guarini.
In quella piccola chiesa non poté trovare posto una folla immensa che era accorsa per il rito così, per gli anni a venire, si pensò al Duomo come sede per celebrare la Novena per i nove giorni antecedenti il Natale.
La celebrazione in Duomo era diversa rispetto a quella in latino di alcuni decenni fa e da quella in italiano dei giorni nostri.
Nel 1720, sempre fra quelle mura, venne recitata la nuova Novena di Natale che in breve tempo si diffuse nelle parrocchie e praticamente in quasi tutte le chiese.
La più famosa Novena di Torino rimane quella in ricordo sella SS Trinità in via Garibaldi, dove le profezie venivano cantate a turno dai cantori disposti nel coro e da quelli dell’orchestra.
Per le sere successive, fino a Natale, Maria Cristina si affacciò tutte le sere dalla finestre per riuscire a riprendere di nuovo quelle figure incappucciate. Scese anche per strada ma nulla, gli spettri dei monaci che andavano alla Novena nel Duomo di Torino, avevano deciso di non farsi più vedere.
La ragazza non volle inserire quel video nel suo progetto per la tesi di laurea.
“Stai tranquilla bambina mia – le disse la nonna – vedrai che i fantasmi dei monaci prima o poi si faranno vedere di nuovo ma dovrai aspettare il Natale”.
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Questo racconto di Gian Luca Marino fa parte di una serie di 17 racconti prima del Natale, uno per ogni giorno, partendo dalla festa dell’Immacolata.
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