L’ingegner Codegoni non credeva al Natale, tutte fandonie, una perdita di tempo. Razionale, ateo, positivista, la sua fede erano le formule matematiche grazie alle quali poteva permettersi uno studio in centro città con quindici dipendenti che lavoravano per lui.
Gli affari gli andavano parecchio bene, lavorava almeno dodici ore al giorno e faceva pochissime vacanze. Il sabato e la domenica non esistevano. Non aveva moglie e figli, non voleva sacrificare il proprio lavoro per la famiglia.
Quell’anno, la sera della Vigilia di Natale, era ancora in studio a lavorare. L’azienda estera che gli aveva commissionato il pezzo del motore a turbina di una macchina per ottimizzare la produzione di metalli profilati, non contemplava il Natale tra le feste. La scadenza per la consegna del progetto sarebbe stata proprio il 25, giorno di Natale.
Bastava mandare una mail con la prima parte del progetto. L’azienda avrebbe aperto il file, verificato e fatto un bonifico. Una volta spedito all’ingegnere copia bancaria dell’ordine del bonifico a suo favore, il professionista avrebbe inviato la seconda parte del progetto.
Si trattava di un bel po’ di soldi, un lavoro durato tre mesi, altro che il Natale.
Peccato che un calcolo non tornasse. Qualcosa non funzionava, mancava una formula.
“Poco male – pensò l’ingegnere – ho tutta la notte ed eventualmente anche il giorno di Natale. La consegna è prevista per le 17 in punto del 25. Gli altri che facciano pure il pranzo, il mio Natale è qui”.
Sua sorella lo aveva invitato a casa sua per il pranzo natalizio assieme al marito e ai tre figli.
Codegoni aveva gentilmente preso tempo per non dire subito di no.
“Ho una consegna urgente per l’estero – disse alla sorella – se ce la faccio vengo ma non aspettatemi”.
L’ingegnere pensò con affetto alla sorella. Da quando erano morti i genitori ormai anziani sua sorella era l’unica parente e amica rimasta a parte qualche zio e cugino dei quali quasi ignorava l’esistenza.
Lui e sua sorella erano agli antipodi. Codegoni ingegnere meccanico, aveva bruciato le tappe laureandosi col massimo dei voti e la lode per poi andare a studiare negli Stati Uniti e a Londra. Tre master, l’ingegnere aveva lavorato come dipendente di un grande studio e poi si era messo in proprio con successo. La sorella aveva studiato lettere e filosofia, insegnava in un liceo cittadino e da sempre coltivava il sogno di diventare una scrittrice ma con scarsi risultati.
Anche ai tre nipoti Codegoni voleva bene. Ad uno in particolare che studiava al terzo anno di ingegneria e sembrava promettere bene, lo zio era molto affezionato. Per Natale, a tutti e tre i ragazzi, aveva regalato tre Mac Book Pro ultimo modello. Glieli aveva fatti recapitare a casa, tanto al pranzo di Natale non ci sarebbe andato.
“Lo studio e il lavoro vengono prima di tutto” gli ripeteva sempre il padre.
Già, suo padre.
Ingegnere, matematico e fisico, il padre di Codegoni, alto funzionario del ministero e docente universitario, gli aveva inculcato fin da piccolo il culto del lavoro.
Ricordava un Natale, uno dei pochi che suo padre aveva trascorso in famiglia, quando il genitore gli aveva regalato un meccano. Uno di quei giochi in metallo con le viti e i bulloni da montare. Ne era rimasto affascinato.
Peccato che negli anni, dopo vari traslochi, il meccano si era perso nei meandri di qualche cantina e non lo aveva mai più ritrovato.
“Un giorno – gli aveva detto il padre ridendo – vedrai che ti servirà”. E poi gli aveva scritto in fondo alla scatola i numeri della data di quel Natale.
Codegoni era ancora davanti al computer. La simulazione matematica che aveva messo a punto con i suoi collaboratori per tre mesi non funzionava. Appena faceva partire il programma con le equazioni da lui stesso calcolate, dopo pochi secondi, il sistema andava in blocco.
Fino a qualche giorno prima sembrava tutto a posto. Le simulazioni parziali andavano bene ma ora, messe assieme, non funzionavano.
L’ingegnere cominciava a innervosirsi.
“Maledizione – pensò – è quasi mezzanotte e non posso nemmeno chiamare i miei dipendenti. E domani è Natale. Stupido Natale”.
Improvvisamente sentì un gran rumore come di vetri infranti, seguito da una folata di aria gelida.
Corse all’ingresso dello studio dove c’era la grande finestra che guardava dal settimo piano sulla città, convinto che qualcuno l’avesse lasciata aperta e il vento l’avesse fatta sbattere mandandola in frantumi.
“Qualche stupido – esclamò – non l’ha chiusa bene e guarda che casino. Hanno voluto fare l’albero di Natale e poi non sono capaci a chiudere una finestra”.
Quando arrivò all’ingresso l’ingegnere rimase basito: la finestra era perfettamente chiusa. Controllò sul display dell’allarme dello studio ma porte e finestre erano tutte chiuse.
Poi qualcosa attirò la sua attenzione sotto l’albero di Natale che i suoi dipendenti avevano voluto allestire sorbendosi le proteste del capo.
Rimase stupefatto, quasi impaurito.
Da uomo razionale non riusciva proprio a capire.
Sotto all’albero di Natale c’era un pacco.
Chi lo aveva messo? Prima non c’era.
Si avvicinò al pacco vagliando tutte le possibili soluzioni logiche dell’enigma. Si abbassò e scartò quel parallelepipedo confezionato con carta dai motivi natalizi come si usavano quand’era bambino.
Quando ebbe scartato per un terzo il pacco gli venne un colpo.
Era il meccano che suo padre gli aveva regalato da bambino e che non aveva più trovato.
Gli scesero le lacrime. Affondò le mani tra i pezzi in metallo con i buchi, prese tra le dita i bulloni e le viti. C’erano anche le chiavi per avvitare i bulloni.
“Ma sarà davvero il mio meccano? Ma com’è possibile?”
C’era solo un modo per esserne sicuro. L’ingegnere svuotò la scatola e sul fondo di cartone riconobbe i numeri della data scritti da suo padre in quell’ormai lontano Natale.
Gli girava la testa, sudava. Poi ebbe un’intuizione.
Corse davanti al computer e sostituì, sul programma di simulazione del suo progetto, una sequenza di numeri con quelli della data scritta sulla scatola.
La simulazione partì e funzionò.
L’ingegner Codegoni prese il suo cellulare e mandò un messaggio alla sorella:
“Domani aspettatemi per pranzo, non vedo l’ora di trascorrere il Natale con voi”.
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Questo racconto di Gian Luca Marino fa parte di una serie di 17 racconti prima del Natale, uno per ogni giorno, partendo dalla festa dell’Immacolata.
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