Erano le 19:10 della Vigilia di Natale. Carlo aveva ancora pochi minuti per acquistare il regalo a suo figlio. Tutti gli anni era così, Carlo prometteva a se stesso di acquistare i doni natalizi con almeno due settimane di anticipo e poi ci cascava sempre riducendosi a fare gli acquisti all’ultimo minuto.
Entrò nel negozio di elettronica mentre l’ansia gli saliva. Il commesso lo guardò e il suo sguardo era eloquente, comunicava più di mille parole “Ti riduci a fare i regali adesso? Io avrei solo voglia di andarmene a casa”.
Tuttavia quel commesso fu gentile e professionale.
“Buonasera, cosa desidera?”.
“Vorrei una macchina fotografica”.
“Signore è inutile chiederle se vuole una reflex, una compatta o una mirrorless tanto l’unico modello che mi è rimasto è una Polaroid”.
Carlo fece una smorfia. Aveva immaginato di comprare per il figlio una reflex professionale, vista la smisurata passione del ragazzo per la fotografia, sua ragione di vita, ma sullo scaffale del negozio rimaneva solo quella Polaroid ed era troppo tardi per provare in altri posti.
“Va bene, una Polaroid andrà benissimo”.
L’uomo tornò a casa e depositò il pacco sotto l’albero di Natale.
Il mattino dopo, era Natale, suo figlio aprì quel pacco. Rimase interdetto, né felice, né deluso.
Quella Polaroid non era un aggeggio elettronico ultimo modello ma conservava immutato un certo fascino e soprattutto le foto, invece di essere salvate su formato digitale ed intangibile per sua stessa natura, potevano essere stampate sul momento.
Il ragazzo scattò la prima immagine: una famiglia felice, il giorno di Natale, davanti all’albero, mentre tutti scartavano i doni.
Il figlio di Carlo decise di utilizzare tutta la pellicola da venti pose della Polaroid per documentare il suo giorno di Natale.
La fotocamera sfornava, con un effetto vintage molto piacevole, gli eventi salienti della giornata: l’arrivo dei parenti, il pranzo, il panettone, la tombola post pranzo. Al ragazzo piaceva l’analogico di quella Polaroid e lo affascinava l’alchimia chimica di trasformazione immediata di un’immagine in una stampa. Abituato al digitale, al figlio di Carlo, l’analogico istantaneo sembrava un piccolo miracolo.
Alcuni giorni dopo Natale, le scuole riaprirono i battenti. Il figlio di Carlo, frequentava il liceo artistico e appena dopo le feste, un’importante azienda produttrice di macchine fotografiche indisse un concorso. Il primo ed unico premio consisteva in una borsa di studio per una prestigiosa scuola di fotografia svizzera appannaggio di pochi.
“Ecco – pensò Davide, il figlio di Carlo – se mio padre mi avesse regalato una reflex digitale avrei potuto partecipare. Ma con una Polaroid dove vado?”
Il tema del concorso verteva sulla interpretazione del Natale. Ogni partecipante doveva raccontare fotograficamente, con un’immagine sola, come aveva trascorso quel giorno. Di solito i concorsi si basavano su immagini ancora da scattare ma, per l’occasione, l’azienda giapponese di fotocamere, aveva deciso di premiare lavori che erano già stati fatti.
Parteciparono in molti. Anche Davide decise di gareggiare. Avrebbe presentato una foto della sua Polaroid che ritraeva quello che per lui era l’essenza del Natale: la famiglia seduta attorno alla tavola poco prima di iniziare il pranzo di Natale.
Arrivarono i risultati del concorso e il verdetto fu unanime: aveva vinto il concorso una studentessa la quale aveva ritratto, con una mirrorless digitale, alcune persone che stavano pranzando a Natale in una mensa parrocchiale. A colpire la giuria fu la drammaticità dei soggetti ritratti in bianco e nero mentre, in un giorno di festa, consumavano la pasta in piatti di plastica.
Davide rimase molto deluso. Accidenti a suo padre, se non avesse acquistato il suo regalo di Natale all’ultimo momento, con una fotocamera digitale avrebbe potuto forse vincere quel premio e gettare le basi per realizzare il sogno della sua vita: diventare un fotografo professionista.
Appena tornato a casa il ragazzo, ancora adirato, prese la Polaroid e la scaraventò a terra. La macchina fotografica fece uno strano rumore e da essa uscì un’ultima stampa.
Davide guardò quella foto incredulo.
Era uscita una foto perfetta che non ricordava nemmeno di aver scattato: aveva immortalato lo spirito del Natale.
Il ragazzo prese la foto e anziché scansionarla per mandarla via mail all’azienda di macchine fotografiche che aveva indetto il concorso, la chiuse in una busta e la spedì per posta ordinaria all’azienda stessa.
Non ricevette nessuna risposta fino al periodo di Natale dell’anno successivo.
A Davide arrivò a casa una lettera:
“La sua fotografia, scattata con una Polaroid, esprime esattamente quello che noi consideriamo l’archetipo dello spirito del Natale. Siamo lieti di annunciarle che, fuori concorso, Lei è stato ammesso a spese nostre, alla scuola di fotografia in Svizzera in oggetto.
Complimenti”
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Questo racconto di Gian Luca Marino fa parte di una serie di 17 racconti prima del Natale, uno per ogni giorno, partendo dalla festa dell’Immacolata.
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