Alcuni brani per pianoforte del compositore vercellese Paolo Boggio, tratti da “Mark Twelve – 12 brevi pezzi per pianoforte”, saranno eseguiti in occasione della rassegna “C’è del nuovo… “, organizzata dal Conservatorio “Rossini” di Pesaro in collaborazione con la SIMC (Società Italiana di Musica Contemporanea). L’esecuzione avrà luogo il 18 Ottobre alle ore 16.00, presso la Sala delle Colonne del Conservatorio “Rossini” di Pesaro.
Mark Twelve, nel senso di “by the mark, twelve”, ovvero “dal segno, dodici” (sottinteso “tese”), non indica in questo caso una “profondità di sicurezza” quanto di completezza. Non sono quindi “dodici tese”, anche se rimandano immediatamente alle “due tese” (“twain”: circa 3,7 metri), ovvero “il grido in uso nello slang della marineria fluviale degli Stati Uniti per segnalare la profondità delle acque”, reso così celebre da chi pensò di farne il proprio pseudonimo.
Indicano piuttosto le dodici stazioni-costellazioni che il sole – grazie al movimento rotatorio della terra attorno ad esso – rende percepibili (e “attive”) nel suo giro completo nell’arco di dodici mesi.
I dodici brani che compongono questo insieme, sono a loro volta suddivisi in quattro sottoinsiemi (le stagioni) contrassegnati da caratteristiche comuni.
I primi tre brani sono dedicati all’inverno, incentrati sulla figura dell’albero (albero di Natale quale rilettura “addomesticata” dell’abete che, in quanto sempreverde, divenne simbolo di immortalità per i popoli germanici).
Segue la primavera (i successivi tre brani) incentrata sulla figura dell’Uovo, che dietro l’apparente innocenza infantile dell’uovo di Pasqua, ha il suo antenato sapienziale nell’uovo d’argento dei culti orfici contenente il cosmo che, fecondato dai soffi di vento del Nord, avrebbe generato Eros.
Alla primavera segue l’estate, qui colta nella sua malinconica poesia che dietro l’apparente splendore trionfale di un sole accecante si avvia, come Seymour in “A Perfect Day for Bananafish” (protagonista dell’omonimo racconto di Salinger) verso la morte.
L’autunno chiude il cerchio in un invito al Carpe Diem (titolo del primo dei tre brani) in cui la morte dell’anno ormai alle porte, viene celebrata con dionisiaca adesione all’hic et nunc dell’Attimo, prima di cedere il passo ad un più ieratico “essere-per-la-morte”, nella cui serena stanchezza crepuscolare si possono finalmente assaporare i nessi più profondi dell’esistenza, qui stemperati, distanziati e stilizzati, per finire all’interno di una geometrica e cosmocentrica quiete. (Far-Falle e B(r)uchi neri… e la farfalla sognò di essere diventata un bruco è il titolo dell’ultimo brano).
All’interno di tutto il ciclo serpeggiano (“si nascondono”) temi-archetipi che vanno da frammenti di sequenze (Dies Irae, Victimae Paschali Laudes) a frammenti di temi “natalizi”, alla melodia dell’Epitaffio di Sicilo. Tasselli disseminati all’interno di un mosaico “a misura d’uomo”, in cui a ieratismi rispondono ludicità infantili e a struggimenti improvvisi guizzi festosi.